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Messaggi - samlet

#1
Sì, perché due bifronti uniti formano una frase palindroma. Essendo una frase continuativa, la leggiamo "lodo dolo". Ciao
#2
Se è crittografico è sempre un Palindromo; per sua natura il Bifronte crittografico non esiste. Ciao
#3
Citazione di: Il Barone Von Trenck il 10 Febbraio 2014, 12:53:51
Proseguo in solitaria il mio trekking nostalgico alla ricerca dei correttori di bozze, o quel che ne resta.
Come ogni lunedì passo con l'autobus attraverso un paesotto in cui c'è un bar-pasticceria piuttosto grande con una vistosa insegna luminosa, recante la scritta: CAFFETERIA.
Buon appetito a tutti

Semplice: intendono far sapere che lì non servono caffè corretto.  :-\
#4
Citazione di: elgrego il 10 Febbraio 2013, 01:57:14
Gli astrologi: xxxx xxxxx é x'xxxxxxxx.

Solo "Frase doppia".
#5
Laura, considerato che qui la storia della L è diventato un "caso", ti confermo che il rebus è assolutamente perfetto: di lui (re L), adesso il bimbo Z ha la corona TA. Ergo il bambino nel secondo disegno ha la corona del re. Ho già detto che i grafemi sono mosche che svolazzano sul disegno e non hanno nulla a che vedere con l'equipollenza, quindi sta' pure tranquilla sulla liceità della costruzione; bella, fra l'altro, con tanto di soggetto, predicato, complemento oggetto e di specificazione.
#6
Che bello questo scambio di opinioni (soprattutto quando mi date ragione  :-[)... Tornando a noi e rileggendo questa frase di Laurina: «ma la proposta di superare alcune scelte convenzionali qualora il risultato espressivo e creativo lo meriti» vorrei aggiungere che non è questo al cento per cento il mio pensiero. Io intendo dire che come forma artistica il rebus non può soggiacere a regole. Una volta abbracciato questo (mio) assioma, vedo il mondo dei rebus come una vivace esposizione di creazioni che vanno dai capolavori alle ciofeche. E ognuno di noi si innamora di un qualcosa che magari a un altro non fa impazzire. Non dimentichiamoci che il rebus del Cinquecento, del Seicento e così via è ben diverso già da quello di fine Ottocento. Poi arrivarono le varie trasformazioni nel modo di creare e i nostri nonni si infiammavano per i rebus di Zaleuco che La Corte di Salomone pubblicava molto spesso a colori. La svolta decisiva e fino ad oggi insuperata si deve alle pagine della Settimana il cui alfiere Briga seppe operare la magica trasformazione dell'inserimento dei verbi. E diciamo che vieppiù è così ancor oggi e che il magistero di Briga ha prodotto campioni su campioni che hanno segnato appunto la storia di questo genere. A mo' di conclusione vi ricordo però che:
- possono essere bellissimi anche dei rebus (brutti) inventati da bambini. Mio figlio era piccolissimo quando mi dedicò un disegno con tanti puntini e i grafemi N,E,L,L,A il cui risultato era Pulcinella. Gasp, cinque grafemi!
- possono... anzi sono bellissimi i rebus di Leonardo Da Vinci e i rebus dell'Ottocento: fanno parte di un altro modo di pensare e per noi sono storici;
- possono essere bellissimi i rebus che fa la suocera (a meno che non abbiate un coraggio da leoni). Ciao a tutti  :D
#7
Citazione di: reg il 17 Settembre 2012, 14:02:31
Ecco un esempio dove i grafemi diventano una parola. Pubblicato sulla sibilla nel 1991, autore Triton.

UN  A rapì: d'AS urge l'azione.   UNA RAPIDA SURGELAZIONE.


esatto: e confermano quel che ho scritto in precedenza
#8
Citazione di: pepìo il 17 Settembre 2012, 00:14:22
Citazione di: samlet il 16 Settembre 2012, 23:51:53
Peppe i paragoni e la nostalgia non c'entrano per nulla con il nostro discorso. Il tennis è uno sport, non un'arte e, come ha scritto Bardo, è applicativo e non creativo. I giochi con le regole sono altri.

mha! sara'!
ma per adesso non mi riesce di vedere nulla di artistico nella presenza di corradicalità e trasposizioni totali...tanto meno di creativo

la corradicalità, le trasposizioni e tutti i termini che vuoi, fan parte del modus operandi di un rebus, esattamente come un quadro o una poesia o una sinfonia hanno i loro
#9
Peppe i paragoni e la nostalgia non c'entrano per nulla con il nostro discorso. Il tennis è uno sport, non un'arte e, come ha scritto Bardo, è applicativo e non creativo. I giochi con le regole sono altri.
#10
Citazione di: pepìo il 16 Settembre 2012, 16:27:23
ciao Guido!

anche UN (che diventa parola della seconda lettura, proprio come T, E = TE') mi pare venga data al solutore senza ricerca alcuna

Ciao Peppe!
attenzione, qui si parlava di equipollenza o, come direbbero i dotti, di corradicalità, non di ripetizioni. Nel caso del «TE/tè» si ripete bel bello un sostantivo che è parte integrante della soluzione, mentre nel caso di «UN/uno» al solutore viene «regalato», sì, un elemento della frase, ma non si tratta di un soggetto o di un complemento, insomma delle parti fondamentali di un rebus. Si torna dunque ancora una volta all'assunto che un rebus va valutato solo dal punto di vista estetico. Ovviamente queste sono idee mie.
#11
I grafemi non sono altro che «residui» della scomposizione delle due letture e fungono così da comoda convenzione per indicare i soggetti, i complementi, ecc., che appaiono nel disegno. In effetti, se si potesse, si farebbe a meno di essi per realizzare un rebus cosiddetto «muto»; e credo che, su questo, ci sia un accordo pressoché unanime.
I grafemi vanno dunque considerati come orpelli che non possono essere eliminati e che hanno solo funzione di comodo. Essi non hanno significato e quindi non si riscontra equipollenza con la seconda lettura. Se non fosse così, sarebbero «errati» quei giochi che presentano, nei grafemi, radici o suffissi di parole della seconda lettura.
Consideriamo un rebus con un giocoliere contrassegnato dalle lettere «AM» (AM abile): orbene «am-» è il prefisso del vocabolo «amabile» e per lo stesso principio di «UN/UNO» o «L/L» dovrebbe ritenersi equipollente.
La musica cambia se i grafemi corrispondono per intero a una parola della seconda lettura. Un esempio del tipo «T, E zucche; R Ati = tè zuccherati» è impubblicabile perché non c'è gioco: una parte di esso (T,E = tè) viene data al solutore senza ricerca.
#12
Sono d'accordo con Caxio, Laurina e Yoghi. Il vocabolario non serve a nulla, Dark: il mio parere personale è che bisogna riflettere sul bello e sul brutto. Come ha già detto Caxio non vi sono regolamenti ufficiali (né potrebbero esserci). Con il dizionario alla mano moltissimi giochi andrebbero buttati nel cestino. Invece bisogna valutare se l'uso è diverso o meno. Nel rebus di Laurina neri e distratti sono bisensi perché hanno due significati diversi (attenzione: non parlo di etimologia!).
#13
In coda a quanto scritto precedentemente, posso aggiungere che ci sono diversi... gradi di equipollenza, da quello sfacciatamente evidente come occhi/occhiali, a quello impercettibile, quasi inesistente come il già citato policeman/propoli. Per evitare di ammattire sfogliando pagine di vocabolari, facciamoci guidare dal buonsenso e dalla sensibilità. Nessuno vieta a nessuno di pensarla in un determinato modo: se dà fastidio imbattersi in seguire/eseguire lo si giudichi pure una brutta (o bruttissima) chiave, ma consiglio di non essere mai assolutisti. Nella creazione di un rebus concorrono alcuni fattori che ne determinano la bellezza e anche in questo caso ognuno di noi farà le sue valutazioni. Io, ad esempio, nella prima lettura adoro le frasi lunghe non interrotte da grafemi ("dopo colazione lavan i fichi" o "da Vallardi son estasiate", eccetera), qualcun altro metterà al primo posto una chiave nuova, qualcun altro ancora un'idea innovativa, qualcun altro l'assenza di grafemi e così via. Quindi come si fa a stabilire una scaletta di merito? Impossibile. Ho già avuto modo di dire che non esiste un regolamento, né tanto meno si potrebbe pensare di imporlo, per cui il discorso ci porta piacevolmente alla conclusione che la nascita di un rebus è una (piccola) creazione artistica. E allora valgano i criteri di bellezza e di tecnica che si confanno ad essa e che troviamo anche nei commenti dei critici d'Arte. Ecco perché – parlo sempre a titolo personale, sia ben chiaro – nel momento in cui mi accingo a giudicare un rebus considero, che so, la "sciarada" di cui parlavo prima, la novità della chiave, se c'è qualche magia innovativa nella scena, se ci sono pochi grafemi (che non interrompono) la frase finale. E, perdonatemi se insisto, così facendo valuto esclusivamente parametri di bellezza e di tecnica. Allo stesso modo verifico i nèi come i verbi à e ò senza la acca, il balbettamento nella prima lettura, la poca plausibilità della frase finale e così via. Per concludere, non ho mai dato voti all'illustrazione, perché esula dal merito dell'autore. Ovviamente sogno sempre un disegno della Brighella, ci mancherebbe, ma questo dev'essere solo la ciliegina sulla torta: i rebus vanno valutati esclusivamente sulla carta.
#14
Caxio mi chiama, io obbedisco. Ma, ahimè devo ripetermi... Spero nella clemenza di chi già conosce le mie (personali) idee. Tanti vocaboli sono nati centinaia di anni fa ed avevano, in molti casi, un significato diverso da quello attuale. Con il trascorrere del tempo è cambiato l'uso per cui, mettiamo, se il rivale si contendeva il possesso della riva con il suo vicino, oggi non è più così, come ben si sa. L'armadio era il ripostiglio delle armi, oggi vi si ripongono i capi di vestiario. E così via, fino ad arrivare a parentele insospettabili, come nel caso di policeman e propoli: consultando un vocabolario ci si accorge con stupore che entrambi i vocaboli provengono da polis (città). Ebbene ve la sentireste di dire che sono equipollenti? Spero ardentemente che anche voi conveniate su questo (per me) assioma. C'è inoltre da aggiungere che anche i linguisti con la L maiuscola sottolineano sempre questo aspetto, invitando i lettori a non "mortificare" (così scrive suppergiù Devoto) vocaboli come cattivo: in origine si intendeva dire posseduto dal demonio, oggi il cattivo è anche il bimbo sgridato dalla mamma. Se, comunque, nonostante quanto scritto, si rimanesse arroccati sulla propria posizione, allora aggiungerei che sarebbero da considerare equivalenti tutte le coppie di vocaboli aventi in comune prefissi come in-, con-, tra- eccetera (per non parlare delle uscite e desinenze varie). In conclusione ribadisco il concetto di accettare quei termini che hanno sì una (lontana) parentela in comune ma che oggi hanno assunto un altro significato: seguire/eseguire, correre/concorrere, eccetera. Un caro saluto a tutti.
#15
Innanzitutto mi scuso per qualche vocabolo non in sintonia col mio stile. Desidero rimarcare ancora che le mie opinioni sono del tutto personali e non vincolano nessuno (ci mancherebbe!). La mia piccola crociata è volta unicamente ad uscire dalle pastoie di eventuali regolamenti che nel caso dell'Enigmistica sarebbero impossibili da applicare (e poi... chi li accetterebbe?) e a giudicare principalmente i giochi come belli e brutti. E' ovvio, poi, che possiamo tuffarci in discorsi relativi alla tecnica compositiva, proprio come si fa quando si analizza una poesia, un quadro o un brano musicale. Chiedo scusa del ritardo, ma ieri sera non mi sono collegato. Ciao a tutti.  :)